Viviamo in un tempo mutevole e complesso. Il contesto in cui si svolgono le nostre vite vede la contemporanea presenza di numerose parti che interagiscono fra loro, per cui il funzionamento della realtà dipende dalla quantità di questi elementi, dalle loro caratteristiche e dalle diverse relazioni che si creano tra di loro. Sentiamo che la natura, i ritmi e l’ampiezza di ciò che cambia intorno a noi non sono più prevedibili; ce ne accorgiamo perché non riusciamo a ricondurre ciò che cambia a dei riferimenti conosciuti e affidabili che in qualche modo ci indichino le risposte sensate che possiamo dare. Poi accadono eventi che trasformano ulteriormente la complessità – è quanto sta accadendo alla vita di ognuno di noi in questo periodo – ci sfuggono i contorni, non riusciamo a mettere in sequenza flussi di pensieri organici; cerchiamo certezze e troviamo dubbi, ci appelliamo alle fonti d’informazione ma ognuna propone una sua lettura e ci coglie il dubbio che non sia affidabile; cerchiamo chiarezza e troviamo ambiguità, fatichiamo a decifrare e comprendere le informazioni – sembra che manchi sempre un pezzo – e anche, a seconda della stato d’animo, ci ritroviamo a interpretarle in modi diversi e contraddittori.
La confusione interna si somma a quella esterna e percepiamo il caos e questo provoca una sensazione di paura generalizzata che genera un’ansia che fatica a placarsi. La paura dilaga quando c’è insicurezza; a livello personale si trasforma in angoscia quando sentiamo in pericolo il bene più prezioso: la vita. La paura nel tempo della pandemia assume una configurazione inaspettata, è una paura solidale. Avviene una particolare alchimia. La paura come emozione nasce e viene accudita dal sentimento, che la valorizza ma non la teme, la ascolta ma non ne ammette l’arroganza, la accoglie ma sa tacitarla quando è il tempo del pensare e del creare. Il sentimento è quello di amore per la vita. Amiamo la nostra vita e quella altrui, la paura ci permette la difesa, ma l’amore ci permette di continuare a viverla. Ci accorgiamo di un’interdipendenza a cui non siamo preparati – il mio stato di salute può influenzare in modo esponenziale la salute altrui; e questo non è vero solo per la negativa ma anche per la positiva. Un inedito senso di appartenenza all’intera specie umana si palesa, si accenna.
La risposta che possiamo dare a questa scoperta non è scontata; possiamo anche scegliere di considerare l’altro un nemico da cui fuggire (e la paura prenderebbe il sopravvento grazie al risentimento) o possiamo coltivare un sentimento di solidarietà che attivi la specifica natura sociale dell’essere umano e la nobiliti. Il pericolo esterno, che non si vede ed è per questo motivo ovunque, ci ha imposto di prendere in considerazione comportamenti di difesa. Nella prima fase abbiamo fatto tutti un po’ spallucce, complice una comunicazione confusa e contraddittoria, la leadership politica non ci è parsa affidabile (i leader prendevano gli aperitivi prima di ammalarsi) ed ognuno di noi si è accomodato come ha voluto. Siamo diventati tutti più lucidi quando il messaggio ha fatto appello al nostro senso di responsabilità civile, quando abbiamo sentito che ognuno di noi poteva fare la differenza rispetto all’evoluzione della situazione. Attraverso lo slogan #iorestoacasa abbiamo capito che attraverso i nostri comportamenti possiamo salvaguardare la nostra vita insieme a quella degli altri, perché la cura di noi stessi e la cura degli altri si intrecciano attraverso scelte di solidarietà rese possibili dal crescere di un sentimento d’identificazione con l’umanità. Sarà l’occasione per far fiorire e consolidare buone pratiche di un nuovo Umanesimo? Dipende dalle scelte che faremo, dal sentimento che sceglieremo di alimentare. Per il Coaching umanistico il ruolo dei sentimenti è fondamentale; l’affermarsi di sentimenti positivi nei nostri clienti preannuncia e accompagna l’espressione delle loro potenzialità personali. I sentimenti ci permettono di scegliere, rappresentano un costrutto complesso che contiene significati e valori morali; è attraverso i sentimenti che costruiamo le nostre idee sulla vita e sul mondo, per poi prendere decisioni e agire. Ora accade che il sentimento primario che ci fa amare la vita si stia trasformando proprio perché sentiamo la vita umana messa sotto scacco da un pericolo indefinito e per questo altamente minaccioso. L’amore ne esce rafforzato se governa la paura. L’amare la mia vita si intreccia con l’amare contemporaneamente e con la stessa forza la vita degli altri. Non c’è gerarchia. é la vita umana che sentiamo messa in pericolo e che scegliamo di difendere.
L’aspetto inedito è la forza corale di questo sentimento. Operata la scelta di fondo – difendere la vita – la decisione è conseguente, chiara e risoluta ed è per tutti: #iorestoacasa e gli esseri umani inventano modi nuovi per superare i confini e far sapere agli altri che non sono soli. Nelle situazioni d’emergenza, grazie all’amore per la vita, può emergere una nuova umanità possibile e la centralità non sono tanto le persone ma le loro relazioni benefiche. Ci ritroviamo per necessità separati dalla maggior parte delle persone che solitamente vivono attorno a noi ma ci pensiamo insieme e lo comunichiamo attraverso un’esplosione di forme creative che sono tutte un inno alla vita, alla solidarietà e ci mettiamo pure l’amor di patria. I sentimenti di amore per la vita e di solidarietà umana possono essere elevati, devono realizzare riflessioni, approfondimenti, categorie di pensiero, nuovi paradigmi che vanno messi al centro della coscienza collettiva, solo così si potrà produrre un cambiamento culturale. In caso contrario tutto ciò che sta accadendo rischia di disperdersi.
Marina Alini
marinaalini@hotmail.com
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